studio-dentistico-nezzo-roma-cura-carie

La conservativa è la branca dell’odontoiatria che si occupa del trattamento delle lesioni della struttura dentale (smalto e dentina) prima dell’interessamento pulpare (endodonzia) e delle tecniche di ricostruzione della morfologia dentale preesistente.

Le lesioni dentali sono determinate principalmente dalla patologia cariosa ma esistono anche perdite di struttura dentale non di origine cariogena. Queste lesioni, che si osservano a livello del terzo gengivale (colletto) prevalentemente sul versante vestibolare (esterno), prendono il nome di LCNC (lesioni cervicali non cariose) o “rizolisi cervicali”.

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La conservativa è la branca dell’odontoiatria che si occupa del trattamento delle lesioni della struttura dentale (smalto e dentina) prima dell’interessamento pulpare (endodonzia) e delle tecniche di ricostruzione della morfologia dentale preesistente.

Le lesioni dentali sono determinate principalmente dalla patologia cariosa ma esistono anche perdite di struttura dentale non di origine cariogena. Queste lesioni, che si osservano a livello del terzo gengivale (colletto) prevalentemente sul versante vestibolare (esterno), prendono il nome di LCNC (lesioni cervicali non cariose) o “rizolisi cervicali”.

Le rizolisi cervicali, che si associano frequentemente a retrazioni gengivali non infiammatorie (parodontologia), sono generalmente determinate dalle interferenze occlusali che si verificano in presenza di malocclusione e soprattutto parafunzioni orali (bruxismo) (gnatologia) e possono essere aggravate da spazzolamento dentale incongruo (orizzontale) durante le procedura di igiene orale domiciliare (igiene orale). Le LCNC di questo tipo vengono comunemente denominate “abfraction“.

Perdite di struttura dentale si osservano anche per abrasione cuspidale in caso di bruxismo e per erosione dentinale a livello delle cuspidi private della copertura smaltea, sempre a seguito di attività parafunzionale orale, in presenza di un aumento dell’acidità salivare dovuta ad eccessiva assunzione di bevante od alimenti acidi (agrumi) o, soprattutto, in presenza di frequente reflusso gastrico.

Le rizolisi cervicali, come le abrasioni e le erosioni cuspidali, possono essere trattate con ricostruzioni estetiche dirette (intraorali) utilizzando resine composite  e tecniche di adesione smalto-dentinale con le stesse procedure previste per le lesioni cariose.

DIAGNOSI E TERAPIA DELLA CARIE DENTALE

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Progresso della carie dentale
Progresso della carie dentale
Classi cavitarie secondo Black
Classi cavitarie secondo Black

La carie dentale è una patologia degenerativa dei tessuti duri del dente (smalto e dentina) che origina dalla superficie e procede in profondità fino alla parte sensibile del dente (polpa dentale).

Sebbene sia una patologia ad eziologia multifattoriale, la carie è provocata essenzialmente dall’attività della flora microbica del cavo orale che, organizzandosi sotto forma di placca mucobatterica sulle superfici dentali (placca dentale), riesce a solubilizzare, a causa dell’acidità del suo metabolismo, la matrice cristallina dello smalto (prevenzione della carie).

Lo smalto assume inizialmente un aspetto biancastro e poroso (white spots) e successivamente viene totalmente eroso dai batteri che penetrano nella dentina, un tessuto con maggiore contenuto organico molto meno resistente alla loro azione distruttiva. Questo spiega perché si ritrovano spesso ampie lesioni cariose a livello dentinale con accessi smaltei molto limitati. Alla fine, il processo degenerativo arriva ad interessare la polpa dentale, un tessuto molle presente nella parte centrale del dente che contiene capillari sanguigni e fini terminazioni nervose.

La sintomatologia della carie è variabile e dipende dall’entità dell’interessamento dei tessuti dentali. Quando la lesione cariosa è limitata allo smalto è del tutto asintomatica mentre quando interessa la dentina compare una sintomatologia caratterizzata da una ipersensibilità alle variazioni termiche (caldo-freddo) e chimiche (dolce-acido).

Solo quando il processo carioso arriva ad interessare il tessuto pulpare i batteri ed i prodotti tossici del processo di degradazione dentinale determinano un’infiammazione acuta (pulpite) responsabile di una sintomatologia dolorosa che può essere molto intensa soprattutto quando la parziale integrità dell’involucro smalteo si oppone all’aumento volumetrico tessutale tipico di ogni processo infiammatorio. In caso di pulpite è necessario procedere alla devitalizzazione dell’elemento dentale con conseguente cura canalare (endodonzia).

Per identificare il tipo di lesione in relazione alla localizzazione della cavità dentale si utilizza la Classificazione di Black:

I classe: cavità situata a livello delle depressioni anatomiche dei denti; interessa cioè i solchi e le fossette nella superficie occlusale di premolari e molari, i forami ciechi a livello vestibolare o linguale dei molari e le fossette di incisivi e canini

II classe: cavità della superficie interprossimale di premolari e molari

III classe: cavità della superficie interprossimale di incisivi e canini, senza interessamento dell’angolo incisale

IV classe: cavità della superficie interprossimale di incisivi e canini, con interessamento dell’angolo incisale,

V classe: cavità del terzo gengivale delle superfici vestibolari e linguali di tutti i denti

VI classe: cavità del margine incisivo dei denti anteriori o delle sommità delle cuspidi dei denti posteriori.

Per quanto riguarda i materiali utilizzati per la ricostruzione dentale, in questi ultimi anni si è verificato un progressivo declino dell’amalgama dentale (cosiddetta piombatura) per motivi estetici ma anche per importanti motivi funzionali. L’amalgama dentale, infatti, è una lega di argento e mercurio relativamente fragile che si frattura frequentemente in caso di grandi ricostruzioni. Inoltre, in relazione alla sua contrazione in fase di indurimento, alla sua fragilità marginale ed alla corrosione, legata ai processi di ossidazione in ambiente orale, anche nelle ricostruzioni correttamente eseguite è molto frequente, nel tempo, la formazione di una sottile fessura tra amalgama e struttura dentale residua. In questo spazio, la cui ampiezza è proporzionale alla grandezza della ricostruzione, penetrano i batteri responsabili della carie. Questo comporta che in una percentuale molto alta dei denti ricostruiti con amalgama d’argento è presente una lesione cariosa secondaria che peraltro progredisce molto lentamente per la nota attività batteriostatica dell’argento.

Esiste, inoltre, il problema della tossicità locale e soprattutto sistemica del mercurio. Molto si è scritto su questo tema ed i pareri dei diversi esperti sulla reale importanza patologica del mercurio utilizzato in odontoiatria sono molto difformi. E’ innegabile, però, che i metalli pesanti, e quindi anche il mercurio, sono biologicamente tossici ed in alcuni Paesi Scandinavi (Danimarca, Norvegia, Svezia e Finlandia) dal 2008 sono state promulgate leggi che bandiscono od operano forti restrizioni sull’utilizzazione dell’amalgama dentale. Anche il Consiglio Europeo nel 2011 si è espresso favorevolmente su una fase di transizione, graduale ma decisa, dall’amalgama dentale ai materiali compositi in odontoiatria. Nel nostro studio per le ricostruzioni dentali si utilizzano, da molti anni,  esclusivamente materiali non metallici.

Per le lesioni di piccole e medie dimensioni si effettuano ricostruzioni “dirette” (intraorali) utilizzando materiali “compositi”. Questi materiali, che all’interno di una matrice resinosa contengono cristalli di diversi materiali (quarzo, silice ecc.), hanno una consistenza plastica e vengono applicati direttamente sul dente dopo l’eliminazione del tessuto cariato. Dopo aver raggiunto una corretta anatomia occlusale ed interprossimale (punto di contatto) si procede al loro indurimento mediante l’applicazione di una speciale fonte luminosa (fopolimerizzazione).

L’utilizzo di questi materiali consente di ottenere un’estetica ed una resistenza molto simili a quelle della struttura dentale e, in associazione alle tecniche di adesione smalto-dentinale, garantisce una lunga durata delle ricostruzioni dentali in assenza di carie secondaria. L’adesione alla struttura dentale, inoltre, comporta una  riduzione del tessuto da eliminare (minima invasività) rispetto a quella che si doveva sacrificare per ottenere cavità sufficientemente ritentive per l’utilizzo dell’amalgama dentale.

Una corretta adesione dei “compositi” alla struttura dentale si ottiene, però, solo adottando rigorose procedure operative che prevedono un accurato isolamento del campo operatorio mediante diga di gomma. E’ assolutamente necessario, infatti, evitare la contaminazione della struttura dentale e/o dei materiali con qualsiasi liquido ed anche con l’umidità presente nell’aria espirata dal paziente.

In caso di carie molto estese a carico degli elementi dentali posteriori (premolari e molari), però, anche le ricostruzioni dentali dirette con materiali compositi presentano una resistenza strutturale insufficiente a prevenire l’abrasione cuspidale e/o la frattura della ricostruzione o del residuo dentale. In questi casi è più corretto e vantaggioso ricorrere a ricostruzioni dentali indirette che prendono il nome di intarsi. Queste ricostruzioni se non prevedono la sostituzione di una o più cuspidi dentali vengono definiti inlay mentre quando è prevista la sostituzione cuspidale vengono identificati con il nome di onlay.

Gli intarsi vengono realizzati in laboratorio, in resina composita particolarmente resistente o in ceramica (attualmente si preferisce la ceramica a base di disilicato di litio per la sua alta resistenza) e vengono cementati in maniera adesiva alla struttura dentale residua utilizzando particolari cementi a base di resina composita. Il loro utilizzo consente di sostituire anche grandi pozioni di struttura dentale (in questo caso gli intarsi prendono il nome di overlay) senza la necessità di procedere a devitalizzazioni “di principio” che hanno lo scopo di permettere la realizzazione dei perni-moncone necessari a sostenere coperture coronali totali (protesi dentale). Questa soluzione “conservativa” comporta un importante risparmio biologico ed anche economico.

TRATTAMENTO CONSERVATIVO DELLE FRATTURE DENTALI

La terapia conservativa si occupa anche del trattamento conservativo delle fratture dentali ed in particolare delle fratture traumatiche degli incisivi che rappresentano un’evenienza relativamente frequente soprattutto in età pediatrica. Gli elementi più frequentemente coinvolti sono i centrali superiori (circa 80 %) e la lesione è generalmente monolaterale (circa 85%). Un importante fattore predisponente è la sporgenza dentale (aumento dell’overjet) soprattutto in caso di morso aperto anteriore (mancanza di contatto anteriore tra le arcate dentali).

La gravità delle lesioni ed il loro trattamento sono molto variabili. Le fratture coronali maggiori, con interessamento pulpare, impongono la devitalizzazione dell’elemento e la ricostruzione protesica della corona, immediata o differita mediante ricostruzione provvisoria in materiale composito, previa applicazione di un idoneo perno moncone (protesi dentale). In caso di fratture senza coinvolgimento pulpare, invece, si può ricorrere ad una soluzione conservativa eventualmente sfruttando il frammento dentale fratturato che può essere cementato in maniera adesiva alla struttura coronale residua. In caso di frattura coronale, quindi, è importante recuperare il frammento dentale, lavarlo con acqua corrente e conservarlo in un recipiente contenente saliva od una soluzione debolmente salina per evitare la sua disidratazione. In caso di mancanza del frammento dentale o per lesioni molto piccole si procede alla ricostruzione diretta del dente con materiale composito.

Successivamente, alla fine dello sviluppo morfologico cranio-facciale, in caso di decolorazioni antiestetiche del frammento dentale cementato o della ricostruzione o, eventualmente, per ulteriore frattura delle pregresse ricostruzioni, si può ricorre alle faccette in ceramica (odontoiatria estetica) per un risultato estetico-funzionale ottimale e duraturo.

Progresso della carie dentale
Progresso della carie dentale
Odontoiatria Conservativa, Studio Dentistico Nezzo
Classi Cavitarie secondo Black

La conservativa è la branca dell’odontoiatria che si occupa del trattamento delle lesioni della struttura dentale (smalto e dentina) prima dell’interessamento pulpare (endodonzia) e delle tecniche di ricostruzione della morfologia dentale preesistente.

Le lesioni dentali sono determinate principalmente dalla patologia cariosa ma esistono anche perdite di struttura dentale non di origine cariogena. Queste lesioni, che si osservano a livello del terzo gengivale (colletto) prevalentemente sul versante vestibolare (esterno), prendono il nome di LCNC (lesioni cervicali non cariose) o “rizolisi cervicali”.

Le rizolisi cervicali, che si associano frequentemente a retrazioni gengivali non infiammatorie (parodontologia), sono generalmente determinate dalle interferenze occlusali che si verificano in presenza di malocclusione e soprattutto parafunzioni orali (bruxismo) (gnatologia) e possono essere aggravate da spazzolamento dentale incongruo (orizzontale) durante le procedura di igiene orale domiciliare (igiene orale). Le LCNC di questo tipo vengono comunemente denominate “abfraction“.

Perdite di struttura dentale si osservano anche per abrasione cuspidale in caso di bruxismo e per erosione dentinale a livello delle cuspidi private della copertura smaltea, sempre a seguito di attività parafunzionale orale, in presenza di un aumento dell’acidità salivare dovuta ad eccessiva assunzione di bevante od alimenti acidi (agrumi) o, soprattutto, in presenza di frequente reflusso gastrico.

Le rizolisi cervicali, come le abrasioni e le erosioni cuspidali, possono essere trattate con ricostruzioni estetiche dirette (intraorali) utilizzando resine composite  e tecniche di adesione smalto-dentinale con le stesse procedure previste per le lesioni cariose.

 

DIAGNOSI E TERAPIA DELLA CARIE DENTALE

La carie dentale è una patologia degenerativa dei tessuti duri del dente (smalto e dentina) che origina dalla superficie e procede in profondità fino alla parte sensibile del dente (polpa dentale).

Sebbene sia una patologia ad eziologia multifattoriale, la carie è provocata essenzialmente dall’attività della flora microbica del cavo orale che, organizzandosi sotto forma di placca mucobatterica sulle superfici dentali (placca dentale), riesce a solubilizzare, a causa dell’acidità del suo metabolismo, la matrice cristallina dello smalto (prevenzione della carie).

Lo smalto assume inizialmente un aspetto biancastro e poroso (white spots) e successivamente viene totalmente eroso dai batteri che penetrano nella dentina, un tessuto con maggiore contenuto organico molto meno resistente alla loro azione distruttiva. Questo spiega perché si ritrovano spesso ampie lesioni cariose a livello dentinale con accessi smaltei molto limitati. Alla fine, il processo degenerativo arriva ad interessare la polpa dentale, un tessuto molle presente nella parte centrale del dente che contiene capillari sanguigni e fini terminazioni nervose.

La sintomatologia della carie è variabile e dipende dall’entità dell’interessamento dei tessuti dentali. Quando la lesione cariosa è limitata allo smalto è del tutto asintomatica mentre quando interessa la dentina compare una sintomatologia caratterizzata da una ipersensibilità alle variazioni termiche (caldo-freddo) e chimiche (dolce-acido).

Solo quando il processo carioso arriva ad interessare il tessuto pulpare i batteri ed i prodotti tossici del processo di degradazione dentinale determinano un’infiammazione acuta (pulpite) responsabile di una sintomatologia dolorosa che può essere molto intensa soprattutto quando la parziale integrità dell’involucro smalteo si oppone all’aumento volumetrico tessutale tipico di ogni processo infiammatorio. In caso di pulpite è necessario procedere alla devitalizzazione dell’elemento dentale con conseguente cura canalare (endodonzia).

Per identificare il tipo di lesione in relazione alla localizzazione della cavità dentale si utilizza la Classificazione di Black:

I classe: cavità situata a livello delle depressioni anatomiche dei denti; interessa cioè i solchi e le fossette nella superficie occlusale di premolari e molari, i forami ciechi a livello vestibolare o linguale dei molari e le fossette di incisivi e canini

II classe: cavità della superficie interprossimale di premolari e molari

III classe: cavità della superficie interprossimale di incisivi e canini, senza interessamento dell’angolo incisale

IV classe: cavità della superficie interprossimale di incisivi e canini, con interessamento dell’angolo incisale,

V classe: cavità del terzo gengivale delle superfici vestibolari e linguali di tutti i denti

VI classe: cavità del margine incisivo dei denti anteriori o delle sommità delle cuspidi dei denti posteriori.

Per quanto riguarda i materiali utilizzati per la ricostruzione dentale, in questi ultimi anni si è verificato un progressivo declino dell’amalgama dentale (cosiddetta piombatura) per motivi estetici ma anche per importanti motivi funzionali. L’amalgama dentale, infatti, è una lega di argento e mercurio relativamente fragile che si frattura frequentemente in caso di grandi ricostruzioni. Inoltre, in relazione alla sua contrazione in fase di indurimento, alla sua fragilità marginale ed alla corrosione, legata ai processi di ossidazione in ambiente orale, anche nelle ricostruzioni correttamente eseguite è molto frequente, nel tempo, la formazione di una sottile fessura tra amalgama e struttura dentale residua. In questo spazio, la cui ampiezza è proporzionale alla grandezza della ricostruzione, penetrano i batteri responsabili della carie. Questo comporta che in una percentuale molto alta dei denti ricostruiti con amalgama d’argento è presente una lesione cariosa secondaria che peraltro progredisce molto lentamente per la nota attività batteriostatica dell’argento.

Esiste, inoltre, il problema della tossicità locale e soprattutto sistemica del mercurio. Molto si è scritto su questo tema ed i pareri dei diversi esperti sulla reale importanza patologica del mercurio utilizzato in odontoiatria sono molto difformi. E’ innegabile, però, che i metalli pesanti, e quindi anche il mercurio, sono biologicamente tossici ed in alcuni Paesi Scandinavi (Danimarca, Norvegia, Svezia e Finlandia) dal 2008 sono state promulgate leggi che bandiscono od operano forti restrizioni sull’utilizzazione dell’amalgama dentale. Anche il Consiglio Europeo nel 2011 si è espresso favorevolmente su una fase di transizione, graduale ma decisa, dall’amalgama dentale ai materiali compositi in odontoiatria. Nel nostro studio per le ricostruzioni dentali si utilizzano, da molti anni,  esclusivamente materiali non metallici.

Per le lesioni di piccole e medie dimensioni si effettuano ricostruzioni “dirette” (intraorali) utilizzando materiali “compositi”. Questi materiali, che all’interno di una matrice resinosa contengono cristalli di diversi materiali (quarzo, silice ecc.), hanno una consistenza plastica e vengono applicati direttamente sul dente dopo l’eliminazione del tessuto cariato. Dopo aver raggiunto una corretta anatomia occlusale ed interprossimale (punto di contatto) si procede al loro indurimento mediante l’applicazione di una speciale fonte luminosa (fopolimerizzazione).

L’utilizzo di questi materiali consente di ottenere un’estetica ed una resistenza molto simili a quelle della struttura dentale e, in associazione alle tecniche di adesione smalto-dentinale, garantisce una lunga durata delle ricostruzioni dentali in assenza di carie secondaria. L’adesione alla struttura dentale, inoltre, comporta una  riduzione del tessuto da eliminare (minima invasività) rispetto a quella che si doveva sacrificare per ottenere cavità sufficientemente ritentive per l’utilizzo dell’amalgama dentale.

Una corretta adesione dei “compositi” alla struttura dentale si ottiene, però, solo adottando rigorose procedure operative che prevedono un accurato isolamento del campo operatorio mediante diga di gomma. E’ assolutamente necessario, infatti, evitare la contaminazione della struttura dentale e/o dei materiali con qualsiasi liquido ed anche con l’umidità presente nell’aria espirata dal paziente.

In caso di carie molto estese a carico degli elementi dentali posteriori (premolari e molari), però, anche le ricostruzioni dentali dirette con materiali compositi presentano una resistenza strutturale insufficiente a prevenire l’abrasione cuspidale e/o la frattura della ricostruzione o del residuo dentale. In questi casi è più corretto e vantaggioso ricorrere a ricostruzioni dentali indirette che prendono il nome di intarsi. Queste ricostruzioni se non prevedono la sostituzione di una o più cuspidi dentali vengono definiti inlay mentre quando è prevista la sostituzione cuspidale vengono identificati con il nome di onlay.

Gli intarsi vengono realizzati in laboratorio, in resina composita particolarmente resistente o in ceramica (attualmente si preferisce la ceramica a base di disilicato di litio per la sua alta resistenza) e vengono cementati in maniera adesiva alla struttura dentale residua utilizzando particolari cementi a base di resina composita. Il loro utilizzo consente di sostituire anche grandi pozioni di struttura dentale (in questo caso gli intarsi prendono il nome di overlay) senza la necessità di procedere a devitalizzazioni “di principio” che hanno lo scopo di permettere la realizzazione dei perni-moncone necessari a sostenere coperture coronali totali (protesi dentale). Questa soluzione “conservativa” comporta un importante risparmio biologico ed anche economico.

 

TRATTAMENTO CONSERVATIVO DELLE FRATTURE DENTALI

La terapia conservativa si occupa anche del trattamento conservativo delle fratture dentali ed in particolare delle fratture traumatiche degli incisivi che rappresentano un’evenienza relativamente frequente soprattutto in età pediatrica. Gli elementi più frequentemente coinvolti sono i centrali superiori (circa 80 %) e la lesione è generalmente monolaterale (circa 85%). Un importante fattore predisponente è la sporgenza dentale (aumento dell’overjet) soprattutto in caso di morso aperto anteriore (mancanza di contatto anteriore tra le arcate dentali).

La gravità delle lesioni ed il loro trattamento sono molto variabili. Le fratture coronali maggiori, con interessamento pulpare, impongono la devitalizzazione dell’elemento e la ricostruzione protesica della corona, immediata o differita mediante ricostruzione provvisoria in materiale composito, previa applicazione di un idoneo perno moncone (protesi dentale). In caso di fratture senza coinvolgimento pulpare, invece, si può ricorrere ad una soluzione conservativa eventualmente sfruttando il frammento dentale fratturato che può essere cementato in maniera adesiva alla struttura coronale residua. In caso di frattura coronale, quindi, è importante recuperare il frammento dentale, lavarlo con acqua corrente e conservarlo in un recipiente contenente saliva od una soluzione debolmente salina per evitare la sua disidratazione. In caso di mancanza del frammento dentale o per lesioni molto piccole si procede alla ricostruzione diretta del dente con materiale composito.

Successivamente, alla fine dello sviluppo morfologico cranio-facciale, in caso di decolorazioni antiestetiche del frammento dentale cementato o della ricostruzione o, eventualmente, per ulteriore frattura delle pregresse ricostruzioni, si può ricorre alle faccette in ceramica (odontoiatria estetica) per un risultato estetico-funzionale ottimale e duraturo.

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