La moderna implantologia osteointegrata prevede l’inserimento di fixtures (impianti) in titanio all’interno delle ossa mascellari per disporre di elementi di ancoraggio per protesi fisse o rimovibili.
Gli impianti possono essere bone-level (sommersi) o tissue-level (non sommersi) al momento del posizionamento ed hanno diverse forme e caratteristiche della superficie esterna che possono condizionare il processo di osteointegrazione. La riuscita dell’intervento implantare, però, dipende in larga parte dall’esperienza e dalla capacità dell’operatore e soprattutto dalla qualità e quantità dell’osso all’interno del quale viene inserita la fixture.
A questo proposito è importante ribadire che l’impianto è un supporto protesico. Il suo posizionamento, quindi, deve essere “protesicamente guidato” e, per valutare il volume dell’osso disponibile nella sede prevista, è necessario eseguire, dopo gli accertamenti radiografici di base (Rx-endorale ed Ortopantomografia), specifici accertamenti tomografici (Dentascan o meglio Maxiscan) eventualmente con l’uso di idonee dime diagnostico-chirurgiche.
Quando i dati forniti da questi esami dimostrano la presenza di una sufficiente disponibilità ossea si può procedere al posizionamento implantare sempre rispettando il tempo necessario per una corretta “osteointegrazione” che, con le attuali superfici implantari, si valuta in circa 3/4 mesi per l’arcata inferiore e 5/6 mesi per l’arcata superiore. Noi, infatti, siamo favorevoli alla tecnica a “carico protesico differito” perché, in base alle statistiche internazionali ed alla nostra esperienza, questa tecnica garantisce percentuali di successo superiori alla tecnica a “carico protesico immediato“.
In caso di estrazione dentale, inoltre, attendiamo circa 3 mesi prima di procedere al posizionamento implantare in modo da ottenere l’inizio del processo di guarigione parodontale (tecnica “socket healing“).
Per soddisfare le esigenze protesiche estetico-funzionali spesso è necessario ricorrere ad interventi di rigenerazione ossea pre-implantare che consentono di superare eventuali limiti anatomici di altezza o spessore nei siti dove è previsto l’inserimento implantare.
La rigenerazione ossea può essere ottenuta con diverse tecniche: innesti di osso in blocco, tecniche di espansione crestale, rigenerazione ossea guidata con l’utilizzo di membrane e rialzo del pavimento del seno mascellare. Questi interventi sono molto delicati e devono essere eseguiti da professionisti sufficientemente esperti in Chirurgia Orale.
Le tecniche di innesto osseo in blocco (sia autologo che eterologo), molto utilizzate in passato, sono state quasi completamente abbandonate perché gli innesti, che nei casi di prelievo autologo prevedono interventi complessi ed espongono al rischio di infezioni e complicanze funzionali, vengono riassorbiti molto rapidamente tanto che il volume di osso rigenerato è generalmente molto inferiore rispetto a quello innestato.
Le tecniche di espansione ossea (split crest) si utilizzano in caso di volume osseo ridotto in senso orizzontale (creste ossee sottili) ma sufficiente in senso verticale. L’intervento comporta la frattura a legno verde (incompleta) della corticale vestibolare (esterna) previa osteotomia crestale e osteotomie di rilascio verticali realizzate preferibilmente con l’utilizzo di un dispositivo piezoelettrico. All’interno dello spazio ottenuto mediante lo split crest si posizionano le fixtures implantari. Questa tecnica, in casi selezionati e mani particolarmente esperte, consente ottimi risultati estetico-funzionali ma espone a rischi di insuccesso difficilmente gestibili in caso di frattura completa e conseguente necrosi (morte) totale o parziale dello “sportello” osseo mobilizzato.
La rigenerazione ossea guidata (Guided Bone Regeneration – GBR) è una tecnica che utilizza particolari “membrane” che funzionano da barriere tra il tessuto epiteliale e connettivo del parodonto e le sostanze osteoinduttive inserite nel difetto osseo che si vuole ricostruire. Le membrane, che possono essere riassorbibili o non riassorbibili, devono essere accuratamente ricoperte dalla gengiva in modo da evitare il contatto con i fluidi orali durante il periodo di rigenerazione ossea.
Le membrane non riassorbibili più diffuse sono in politetrafluoroetilene espanso denso (d-PTFE) disponibili anche con rinforzi in titanio per particolari applicazioni. Questi dispositivi sono molto efficienti nel consentire la rigenerazione ossea ma un’eventuale esposizione precoce, seppur limitata, comporta frequentemente la necessità di un’immediata rimozione della membrana con conseguente fallimento, generalmente totale, del processo di rigenerazione ossea. Attualmente, però, le moderne membrane particolarmente dense possono autorizzare, in caso di esposizioni minime, un atteggiamento attendistico che, con opportuni provvedimenti igienico-farmacologici, permette una rigenerazione ossea efficace seppur limitata. L’utilizzo di queste membrane comporta, in ogni caso, la necessità di un secondo intervento chirurgico per la loro rimozione alla fine del processo rigenerativo. In relazione a queste problematiche l’attuale indicazione clinica all’uso di questi dispositivi è limitata agli incrementi di cresta orizzontali e soprattutto verticali particolarmente importanti.
In alternativa alle membrane non riassorbibili si possono utilizzare membrane riassorbibili che presentano il vantaggio di non dover essere rimosse alla fine del processo rigenerativo e che, anche in caso di parziale esposizione, possono essere mantenute in sede con l’ausilio di particolari norme igieniche locali. Le membrane riassorbibili più utilizzate sono realizzate in collagene che è una proteina ampiamente rappresentata nel corpo umano (circa il 50 % delle proteine umane sono costituite da collagene). Le membrane in collagene, generalmente di origine suina, vengono riassorbite mediante reazioni enzimatiche che non sembrano interessare il processo di rigenerazione ossea, presentano capacità emostatiche (blocco del sanguinamento locale) e favoriscono una rapida angiogenesi (formazione di vasi sanguigni di piccole dimensioni) all’interno del tessuto osseo neoformato. Accanto a questi vantaggi le membrane in collagene presentano, però, delle caratteristiche che determinano dei limiti al loro utilizzo. Non sono sufficientemente resistenti e stabili strutturalmente per sopportare trazioni, soprattutto in senso verticale e la loro velocità di riassorbimento comporta un “tempo di barriera” efficace stimabile in sole 4-8 settimane. Questi dispositivi, quindi, possono essere utilizzati, per la rigenerazione ossea di difetti orizzontali di volume limitato.
I materiali osteoconduttivi, che hanno lo scopo di promuovere e permettere, generalmente in associazione con frammenti ossei autologhi, la formazione di nuovo osso, sono tutti a base di idrossiapatite nelle sue diverse formulazioni (carbonato di calcio CaCO3, fosfato di calcio Ca3(PO4)2 e fluoruro di calcio CaF2) e possono avere un’origine organica (osso bovino o suino deproteinizzato chimicamente e sterilizzato ai raggi gamma) od inorganica (sintetica). Attualmente si preferisce l’utilizzo dell’idrossiapatite sintetica perché garantisce un tempo di riassorbimento più lungo ma, per essere efficace, l’idrossiapatite inorganica deve avere una struttura simile a quella dell’osso in modo da permettere e facilitare (indurre) la migrazione delle cellule osteogenetiche (osteoblasti) e dei capillari sanguigni al suo interno fornendo una struttura idonea alla genesi di nuovo osseo autologo (dello stesso organismo).
I tempi di maturazione dell’osso rigenerato variano, in base all’ampiezza del difetto, da un minimo di 6 mesi a più di un anno quindi l’inserimento implantare può essere eseguito contestualmente all’intervento di rigenerazione ossea solo quando è richiesto un modesto incremento volumetrico, soprattutto orizzontale, ed è presente una quota ossea “nativa” sufficiente a garantire una sufficiente stabilità primaria della fixture in quanto un’eventuale micromobilità implantare può interferire sul processo di rigenerazione ossea e di osteointegrazione.
Un particolare intervento rigenerativo è quello che viene realizzato per contrastare la fisiologica riduzione dell’osso alveolare (dove è alloggiata la radice dentale) che si verifica dopo l’estrazione di un elemento dentale. Questo intervento, denominato “socket preservation“, prevede il posizionamento di materiale osteoinduttivo all’interno dell’alveolo dentale subito dopo l’estrazione. Questo materiale viene ricoperto con l’innesto di un lembo epitelio-connettivale prelevato dal palato (parodontologia) o con una membrana riassorbibile.
Un intervento di rigenerazione ossea molto importante prende il nome di “rialzo del seno mascellare” ed è indicato nei settori posteriori del mascellare superiore quando la fisiologica presenza, a livello zigomatico, della cavità denominata seno mascellare determina una quota ossea insufficiente a supportare un inserimento implantare. Il rialzo del seno mascellare prevede lo scollamento della membrana che riveste la cavità ossea (membrana Schneideriana) in modo da ottenere uno spazio che possa ospitare le sostanze osteoinduttive. Quando la richiesta di osso rigenerato è di modesta entità il rialzo può essere eseguito per “via crestale” (mini rialzo del seno mascellare), operando un’incisione al centro della sede anatomica che ospitava il dente (o i denti) da sostituire. In questo caso è, generalmente, possibile il posizionamento contestuale dell’impianto (o degli impianti). Quando, invece, il volume di osso da rigenerare è molto importante bisogna ricorrere ad un accesso vestibolare (esterno) al seno mascellare (grande rialzo del seno mascellare) creando un “botola” ossea in corrispondenza della sede implantare. La botola verrà successivamente richiusa utilizzando una membrana riassorbibile in collagene e, generalmente, si dovrà attendere il termine del processo di rigenerazione ossea prima di procedere al posizionamento implantare.
Nel nostro studio, prima di essere sottoposti a qualsiasi intervento di implantologia e/o rigenerazione ossea, i pazienti devono compilare un apposito questionario anamnestico e devono eseguire una serie di analisi ematologiche per la valutazione di possibili limitazioni o controindicazioni al trattamento.
Tutte le procedure chirurgiche vengono eseguite, in assoluta assenza di dolore mediante idonea anestesia locale, da uno Specialista in Chirurgia Orale particolarmente esperto in implantologia dentale e rigenerazione ossea.
In caso di interventi particolarmente impegnativi, si può ricorrere alla sedazione cosciente. Questa metodica farmacologica, che nel nostro studio viene praticata da uno Specialista in Anestesia e Rianimazione, ha lo scopo di fornire una condizione di rilassamento ed amnesia senza la perdita dei riflessi protettivi (capacità di mantenere autonomamente la pervietà delle vie aeree) e la capacità di rispondere in modo adeguato agli stimoli fisici ed ai comandi verbali.
Le fixtures (impianti) che utilizziamo sono prodotte da un’azienda leader mondiale che le certifica e le garantisce ed alla fine del trattamento implanto-protesico viene rilasciato un apposito “passaporto implantare” che riporta le misure (lunghezza e diametro) di ogni fixture e il tipo dei materiali utilizzati per l’eventuale rigenerazione ossea. Questo documento, insieme alla certificazione relativa ai materiali utilizzati per gli abutment (perni) avvitati agli impianti e le ricostruzioni protesiche (protesi dentale), deve essere conservato con cura in quanto può consentire a qualsiasi professionista, anche a distanza di anni dalla fine del trattamento, di effettuare tutti gli interventi che si possano rendere necessari a carico di ogni singola ricostruzione implanto-protesica.

La moderna implantologia osteointegrata prevede l’inserimento di fixtures (impianti) in titanio all’interno delle ossa mascellari per disporre di elementi di ancoraggio per protesi fisse o rimovibili.
Gli impianti possono essere bone-level (sommersi) o tissue-level (non sommersi) al momento del posizionamento ed hanno diverse forme e caratteristiche della superficie esterna che possono condizionare il processo di osteointegrazione. La riuscita dell’intervento implantare, però, dipende in larga parte dall’esperienza e dalla capacità dell’operatore e soprattutto dalla qualità e quantità dell’osso all’interno del quale viene inserita la fixture.
A questo proposito è importante ribadire che l’impianto è un supporto protesico. Il suo posizionamento, quindi, deve essere “protesicamente guidato” e, per valutare il volume dell’osso disponibile nella sede prevista, è necessario eseguire, dopo gli accertamenti radiografici di base (Rx-endorale ed Ortopantomografia), specifici accertamenti tomografici (Dentascan o meglio Maxiscan) eventualmente con l’uso di idonee dime diagnostico-chirurgiche.
Quando i dati forniti da questi esami dimostrano la presenza di una sufficiente disponibilità ossea si può procedere al posizionamento implantare sempre rispettando il tempo necessario per una corretta “osteointegrazione” che, con le attuali superfici implantari, si valuta in circa 3/4 mesi per l’arcata inferiore e 5/6 mesi per l’arcata superiore. Noi, infatti, siamo favorevoli alla tecnica a “carico protesico differito” perché, in base alle statistiche internazionali ed alla nostra esperienza, questa tecnica garantisce percentuali di successo superiori alla tecnica a “carico protesico immediato“.
In caso di estrazione dentale, inoltre, attendiamo circa 3 mesi prima di procedere al posizionamento implantare in modo da ottenere l’inizio del processo di guarigione parodontale (tecnica “socket healing“).
Per soddisfare le esigenze protesiche estetico-funzionali spesso è necessario ricorrere ad interventi di rigenerazione ossea pre-implantare che consentono di superare eventuali limiti anatomici di altezza o spessore nei siti dove è previsto l’inserimento implantare.
La rigenerazione ossea può essere ottenuta con diverse tecniche: innesti di osso in blocco, tecniche di espansione crestale, rigenerazione ossea guidata con l’utilizzo di membrane e rialzo del pavimento del seno mascellare. Questi interventi sono molto delicati e devono essere eseguiti da professionisti sufficientemente esperti in Chirurgia Orale.
Le tecniche di innesto osseo in blocco (sia autologo che eterologo), molto utilizzate in passato, sono state quasi completamente abbandonate perché gli innesti, che nei casi di prelievo autologo prevedono interventi complessi ed espongono al rischio di infezioni e complicanze funzionali, vengono riassorbiti molto rapidamente tanto che il volume di osso rigenerato è generalmente molto inferiore rispetto a quello innestato.
Le tecniche di espansione ossea (split crest) si utilizzano in caso di volume osseo ridotto in senso orizzontale (creste ossee sottili) ma sufficiente in senso verticale. L’intervento comporta la frattura a legno verde (incompleta) della corticale vestibolare (esterna) previa osteotomia crestale e osteotomie di rilascio verticali realizzate preferibilmente con l’utilizzo di un dispositivo piezoelettrico. All’interno dello spazio ottenuto mediante lo split crest si posizionano le fixtures implantari. Questa tecnica, in casi selezionati e mani particolarmente esperte, consente ottimi risultati estetico-funzionali ma espone a rischi di insuccesso difficilmente gestibili in caso di frattura completa e conseguente necrosi (morte) totale o parziale dello “sportello” osseo mobilizzato.
La rigenerazione ossea guidata (Guided Bone Regeneration – GBR) è una tecnica che utilizza particolari “membrane” che funzionano da barriere tra il tessuto epiteliale e connettivo del parodonto e le sostanze osteoinduttive inserite nel difetto osseo che si vuole ricostruire. Le membrane, che possono essere riassorbibili o non riassorbibili, devono essere accuratamente ricoperte dalla gengiva in modo da evitare il contatto con i fluidi orali durante il periodo di rigenerazione ossea.
Le membrane non riassorbibili più diffuse sono in politetrafluoroetilene espanso denso (d-PTFE) disponibili anche con rinforzi in titanio per particolari applicazioni. Questi dispositivi sono molto efficienti nel consentire la rigenerazione ossea ma un’eventuale esposizione precoce, seppur limitata, comporta frequentemente la necessità di un’immediata rimozione della membrana con conseguente fallimento, generalmente totale, del processo di rigenerazione ossea. Attualmente, però, le moderne membrane particolarmente dense possono autorizzare, in caso di esposizioni minime, un atteggiamento attendistico che, con opportuni provvedimenti igienico-farmacologici, permette una rigenerazione ossea efficace seppur limitata. L’utilizzo di queste membrane comporta, in ogni caso, la necessità di un secondo intervento chirurgico per la loro rimozione alla fine del processo rigenerativo. In relazione a queste problematiche l’attuale indicazione clinica all’uso di questi dispositivi è limitata agli incrementi di cresta orizzontali e soprattutto verticali particolarmente importanti.
In alternativa alle membrane non riassorbibili si possono utilizzare membrane riassorbibili che presentano il vantaggio di non dover essere rimosse alla fine del processo rigenerativo e che, anche in caso di parziale esposizione, possono essere mantenute in sede con l’ausilio di particolari norme igieniche locali. Le membrane riassorbibili più utilizzate sono realizzate in collagene che è una proteina ampiamente rappresentata nel corpo umano (circa il 50 % delle proteine umane sono costituite da collagene). Le membrane in collagene, generalmente di origine suina, vengono riassorbite mediante reazioni enzimatiche che non sembrano interessare il processo di rigenerazione ossea, presentano capacità emostatiche (blocco del sanguinamento locale) e favoriscono una rapida angiogenesi (formazione di vasi sanguigni di piccole dimensioni) all’interno del tessuto osseo neoformato. Accanto a questi vantaggi le membrane in collagene presentano, però, delle caratteristiche che determinano dei limiti al loro utilizzo. Non sono sufficientemente resistenti e stabili strutturalmente per sopportare trazioni, soprattutto in senso verticale e la loro velocità di riassorbimento comporta un “tempo di barriera” efficace stimabile in sole 4-8 settimane. Questi dispositivi, quindi, possono essere utilizzati, per la rigenerazione ossea di difetti orizzontali di volume limitato.
I materiali osteoconduttivi, che hanno lo scopo di promuovere e permettere, generalmente in associazione con frammenti ossei autologhi, la formazione di nuovo osso, sono tutti a base di idrossiapatite nelle sue diverse formulazioni (carbonato di calcio CaCO3, fosfato di calcio Ca3(PO4)2 e fluoruro di calcio CaF2) e possono avere un’origine organica (osso bovino o suino deproteinizzato chimicamente e sterilizzato ai raggi gamma) od inorganica (sintetica). Attualmente si preferisce l’utilizzo dell’idrossiapatite sintetica perché garantisce un tempo di riassorbimento più lungo ma, per essere efficace, l’idrossiapatite inorganica deve avere una struttura simile a quella dell’osso in modo da permettere e facilitare (indurre) la migrazione delle cellule osteogenetiche (osteoblasti) e dei capillari sanguigni al suo interno fornendo una struttura idonea alla genesi di nuovo osseo autologo (dello stesso organismo).
I tempi di maturazione dell’osso rigenerato variano, in base all’ampiezza del difetto, da un minimo di 6 mesi a più di un anno quindi l’inserimento implantare può essere eseguito contestualmente all’intervento di rigenerazione ossea solo quando è richiesto un modesto incremento volumetrico, soprattutto orizzontale, ed è presente una quota ossea “nativa” sufficiente a garantire una sufficiente stabilità primaria della fixture in quanto un’eventuale micromobilità implantare può interferire sul processo di rigenerazione ossea e di osteointegrazione.
Un particolare intervento rigenerativo è quello che viene realizzato per contrastare la fisiologica riduzione dell’osso alveolare (dove è alloggiata la radice dentale) che si verifica dopo l’estrazione di un elemento dentale. Questo intervento, denominato “socket preservation“, prevede il posizionamento di materiale osteoinduttivo all’interno dell’alveolo dentale subito dopo l’estrazione. Questo materiale viene ricoperto con l’innesto di un lembo epitelio-connettivale prelevato dal palato (parodontologia) o con una membrana riassorbibile.
Un intervento di rigenerazione ossea molto importante prende il nome di “rialzo del seno mascellare” ed è indicato nei settori posteriori del mascellare superiore quando la fisiologica presenza, a livello zigomatico, della cavità denominata seno mascellare determina una quota ossea insufficiente a supportare un inserimento implantare. Il rialzo del seno mascellare prevede lo scollamento della membrana che riveste la cavità ossea (membrana Schneideriana) in modo da ottenere uno spazio che possa ospitare le sostanze osteoinduttive. Quando la richiesta di osso rigenerato è di modesta entità il rialzo può essere eseguito per “via crestale” (mini rialzo del seno mascellare), operando un’incisione al centro della sede anatomica che ospitava il dente (o i denti) da sostituire. In questo caso è, generalmente, possibile il posizionamento contestuale dell’impianto (o degli impianti). Quando, invece, il volume di osso da rigenerare è molto importante bisogna ricorrere ad un accesso vestibolare (esterno) al seno mascellare (grande rialzo del seno mascellare) creando un “botola” ossea in corrispondenza della sede implantare. La botola verrà successivamente richiusa utilizzando una membrana riassorbibile in collagene e, generalmente, si dovrà attendere il termine del processo di rigenerazione ossea prima di procedere al posizionamento implantare.
Nel nostro studio, prima di essere sottoposti a qualsiasi intervento di implantologia e/o rigenerazione ossea, i pazienti devono compilare un apposito questionario anamnestico e devono eseguire una serie di analisi ematologiche per la valutazione di possibili limitazioni o controindicazioni al trattamento.
Tutte le procedure chirurgiche vengono eseguite, in assoluta assenza di dolore mediante idonea anestesia locale, da uno Specialista in Chirurgia Orale particolarmente esperto in implantologia dentale e rigenerazione ossea.
In caso di interventi particolarmente impegnativi, si può ricorrere alla sedazione cosciente. Questa metodica farmacologica, che nel nostro studio viene praticata da uno Specialista in Anestesia e Rianimazione, ha lo scopo di fornire una condizione di rilassamento ed amnesia senza la perdita dei riflessi protettivi (capacità di mantenere autonomamente la pervietà delle vie aeree) e la capacità di rispondere in modo adeguato agli stimoli fisici ed ai comandi verbali.
Le fixtures (impianti) che utilizziamo sono prodotte da un’azienda leader mondiale che le certifica e le garantisce ed alla fine del trattamento implanto-protesico viene rilasciato un apposito “passaporto implantare” che riporta le misure (lunghezza e diametro) di ogni fixture e il tipo dei materiali utilizzati per l’eventuale rigenerazione ossea. Questo documento, insieme alla certificazione relativa ai materiali utilizzati per gli abutment (perni) avvitati agli impianti e le ricostruzioni protesiche (protesi dentale), deve essere conservato con cura in quanto può consentire a qualsiasi professionista, anche a distanza di anni dalla fine del trattamento, di effettuare tutti gli interventi che si possano rendere necessari a carico di ogni singola ricostruzione implanto-protesica.